martedì 18 dicembre 2012

Transitori che transitano

Quest'anno me lo sono chiesto spesso, ma oggi penso di averlo ripetuto un milione di volte: "Perché sono così idiota??".
Si suppone che sia un ingegnere eppure non so fare neanche due conti a spanne, così quando son tornata in Italia ho lasciato a casa il borsone che uso come bagaglio a mano perché "tanto 2 valigie sono sufficienti". Genio.
Quindi è tutto il giorno che mi sto lanciando maledizioni.
Sono quasi arrivata alla fine del tunnel, come sempre mancano le cose dal bagno e il pigiama per chiudere la valigia e potermi sentire un minimo in pace; questo ovviamente succederà domani mattina, quindi la pace verrà subito rimpiazzata dall'ansia del viaggio. Quanti problemi, eh?

Bypassando per un attimo l'aspetto logistico, stamattina sono stata in giro per l'ultima volta a godere del piacevolissimo clima (temperatura: -7; precipitazioni nevose: a tratti e abbondanti) per prendere le ultime cose prima di partire (magari avessi pensato prima a quanto spazio avevo effettivamente a disposizione....).
Ho cercato di fare come faccio sempre il giorno prima delle partenze, di catturare e trattenere negli occhi, imprimere nella mente, tutto quello che vedo e che è stata la mia routine negli ultimi due mesi. 
E' stato strano, è sempre strano. Anche lasciare un posto sofferto fa venire un po' di quella malinconia che conosciamo bene. 
Quella dei transitori, come la chiamo io. 
Quella che viene alla fine (e a volte anche all'inizio) di qualche nuovo viaggio o nuova esperienza in generale. E' quella che ti rimane sulla pelle un po', non troppo, il giusto tempo per riadattarsi a uno status quo che faccia uscire dal transitorio.

Ecco, penso sia evidente che io i transitori li vivo malissimo. Che sia un viaggio, la partenza di qualcuno, un trasferimento o una rottura; qualsiasi evento che occorra turbando il mio status quo, io lo vivo malissimo. Eppure se ci penso, raramente posso dire di essere a "regime" (ecco l'ingegneria che emerge - non so fare le valigie ma usarla per dire un sacco di cazzate, sì). 
Mi sembra sempre di essere in attesa di quello che verrà dopo, con la mente perennemente proiettata avanti - o almeno, è così da parecchi mesi. Mi piacerebbe poter stare nel "qui, adesso" e riuscire a starci bene; questo attualmente lo considero il mio compito delle vacanze.

Domani sarà quindi l'ennesimo transitorio; non solo finisce il mio periodo all'estero, la mia esperienza da studente un po' "più fuori" sede... si chiude anche un capitolo mentalmente, quello in cui ero ancora una studentessa, per uno in cui dovrò mettermi effettivamente a cercare un lavoro, una casa, perché di rimanere con le mani in mano e aspettare la manna dal cielo non ne sono capace. 
Si chiude un capitolo durato 5 anni, in cui inizierò a sentirmi un po' più estranea al posto dove vivo perché ormai mi appartiene sempre di meno; è un processo che è iniziato già con il cambio di "famiglia", con l'abbandono di alcuni elementi importanti nella mia vita da collegiale e domani sarà la volta di un altro. 
Un pezzo un po' speciale. Che, in bene e in male, ha reso il collegio quello che è ora, e quello che è stato per me. Forse non dovrei parlarne per via dello "storico" trascorso, ma anche non esistesse credo che avrebbe avuto lo stesso effetto  
L'anno scorso è successo lo stesso, era un pezzo con cui ho iniziato la mia vita torinese passando le notti in portineria o a guardare Grandi Progetti, quando ancora ero "la sorella di Marco"; ma ora indubbiamente sarà diverso. Sarà diverso anche perché mi sembra un po' come lo start di un conto alla rovescia che toccherà affrontare anche a me probabilmente, prima di quanto mi possa rendere conto.

Diverso è bello dicono. I cambiamenti fanno bene, di conseguenza anche i transitori. 
Ma se si vive di transitori, quand'è che uno può definirsi "stabile"? Io non lo so ancora, e voi?

PS. Sì, le partenze mi rendono sempre molto pensierosa. Anteeksi :)

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